Corte di Giustizia europea: 'No all'immigrazione di comodo'

Corte di Giustizia europea: 'No all'immigrazione di comodo'

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, martedì 11 novembre ha emesso una sentenza storica. Uno  Stato dell’Unione, ha sentenziato il tribunale comunitario in Lussemburgo, può negare “le prestazioni sociali ai cittadini dell’Unione economicamente inattivi che esercitino la loro libertà di circolazione con l’unico fine di ottenere il beneficio dell’aiuto sociale di un altro Stato membro, non disponendo delle risorse sufficienti per poter rivendicare il beneficio del diritto di soggiorno”

La sentenza emessa dalla Corte di Giustizia della UE riguarda il caso di una cittadina romena e di suo figlio che vivono dal 2010 dalla sorella di lei in Germania  e che  si erano visti negare i sussidi dalle autorità tedesche  (184 euro mensili di sussistenza e 133 euro mensili per assegno sociale) in quanto la rumena non aveva mai lavorato né cercato lavoro e questa aveva fatto ricorso alla Corte della UE.

Il premier britannico David Cameron, contro il cosiddetto “turismo del welfare”, ne aveva fatto un cavallo di battaglia invitando i vertici di Bruxelles a regole più stringenti per coloro che,  provenienti da Paesi poveri della UE, in particolare bulgari e romeni, si sono visti spalancare le porte dell’Europa con piena libertà di circolazione dal primo gennaio 2014.

Proprio ieri il Ministro degli Esteri britannico Philip Hammond ha detto al Daily Telegraph che Londra “è pronta ad uscire dall’Unione Europea se a Bruxelles non saranno fatte le riforme richieste in tema di immigrazione.”

Ora a fianco del Regno Unito sono scese in campo anche Austria, Olanda e Germania che chiedono sanzioni legali contro chi abusa della libertà di movimento e pesa in maniera indebita sul Welfare del Paese ospitante.

Nella sentenza la Corte ha ricordato che, secondo la direttiva europea sulla libera circolazione, lo Stato membro non è tenuto ad erogare una prestazione sociale durante i primi tre mesi di soggiorno.

Quando la durata del soggiorno “è superiore a tre mesi ma inferiore a cinque anni la direttiva subordina il diritto di soggiorno alla condizione che le persone economicamente inattive dispongano di risorse proprie sufficienti.”

Si intende in tal modo impedire che cittadini dell’Unione, inattivi dal punto di vista economico, utilizzino il sistema di protezione sociale dello Stato  ospitante per finanziare il proprio sostentamento. Lo Stato potrà quindi negare le prestazioni sociali a questi immigrati.