Siria, il peggio deve ancora venire

Siria, il peggio deve ancora venire

 Di fronte alla dura repressione di questi ultimi mesi anche il governo italiano è intervenuto, malgrado i rilevanti interessi che l’Italia ha per l’importazione del greggio. Le misure adottate dalla comunità internazionale come l’embargo petrolifero decretato dalla UE,l’espulsione degli ambasciatori siriani ed altre misure prese dalle Nazioni Unite, non hanno sortito l’effetto desiderato e posto un freno al regime che gode dell’appoggio russo e cinese. Taluni stati arabi come Arabia Saudita e Qatar, aiutano i ribelli con forniture di armi e di danaro,mentre la Turchia ha accolto numerosi transfughi del regime ed alti ufficiali che hanno abbandonato Assad dando origine ad un esercito di liberazione.
Pur avendo l’Assemblea delle Nazioni Unite votato ben tre risoluzioni di condanna,esse risultano prive di efficacia per il veto minacciato dalla Federazione Russa e dalla Cina.Il fallimento dell’incarico,per un accordo tra le parti, affidato all’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, con l’invio di osservatori che sono stati accolti con colpi di arma da fuoco è sotto gli occhi di tutti.
Un intervento militare non è possibile per ora per l’opposizione di Russia e Cina e neppure un intervento sul modello libico che non avrebbe il sostegno della Lega Araba. E la mattanza continua. Gli occidentali non intervengono anche a causa delle difficoltà economiche in cui l’Europa si dibatte che impediscono nuove avventure militari come avvenuto in Libia.Si deve assistere impotenti alle stragi che si susseguono giornalmente ? La comunità internazionale è già intervenuta in Siria.Accadde nel 1860 con l’intervento francese autorizzato da altri stati europei e con il consenso dell’Impero ottomano allora sovrano del territorio. Questa volta la soluzione del problema è nelle mani della Russia che non vede di buon occhio l’intervento degli occidentali in quanto nella regione ha interesse a mantenere l’unica base navale che le è rimasta nel Mediterraneo, il porto di Tartus.
“La soluzione yemenita” che prevede la partenza di Assad ed il dispiegamento di forze di pace in Siria è l’unica che rimane ma c’è il pericolo di infiltrazione da parte di Al Qaeda sempre pronta ad avanzare per ghermire poi l’occidente.

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